N. 00357/2015REG.PROV.COLL.
N. 04109/2006 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4109 del 2006, proposto da:
- Di Carluccio Filomena e Di Carluccio Francesco, rappresentati e difesi dagli avv.ti Salvatore D'Albenzio e Salvatore Castiello, con domicilio eletto presso Carola Tartaglione in Roma, via Achille Capizzano, 12;
contro
- Comune di Marcianise, rappresentato e difeso dall'avv. Umberto Elia, con domicilio eletto presso Segreteria Sezionale Cds in Roma, piazza Capo di Ferro, 13;
- Sica Gaetano e Sica Teresa, rappresentati e difesi dall'avv. Renato Labriola, con domicilio eletto presso Segreteria Sezionale Cds in Roma, piazza Capo di Ferro, 13;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. CAMPANIA - NAPOLI: SEZIONE IV n. 01149/2006, resa tra le parti, concernente l’autorizzazione esecuzione lavori di ristrutturazione e cambio destinazione d'uso;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 ottobre 2014 il Cons. Raffaele Potenza e uditi per le parti gli avvocati Salvatore Castiello, Umberto Elia e Renato Labriola;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.- Con ricorso al TAR della Campania, i germani signori Sica Gaetano e Sica Teresa, proprietari di un fabbricato situato in Marcianise (v. Musone n.65) , impugnavano il permesso (n. 7204/2004) rilasciato dal Comune di Marcianise, ai signori Di Carluccio Filomena e Di Carluccio Francesco, proprietari confinanti, per realizzare sul proprio immobile (situato in v. Musone, n. 63) lavori di ristrutturazione, ampliamento igienico-sanitario, rifacimento del tetto di copertura.
A sostegno del gravame i ricorrenti deducevano motivi così riassumibili:
- violazione dell’art. 3 del t.u. n. 380 del 2001, sull’edilizia, e della variante al PRG del Comune (DPGP n. 1371/1996), per superamento dell’indice di fabbricabilità prescritto dalle norme, mediante l’aggiunta di nuovi volumi; realizzazione di opere in difformità dal progetto approvato;
- violazione della distanza minima tra fabbricati, previste dal d.m. n. 1444 del 1968 e dal PRG;
- violazione e falsa applicazione della normativa antisimica (decreti ministeriali del 16.1.1996) in particolare riferimento all’altezza in rapporto alla larghezza stradale.
1.2.- I ricorrenti domandavano inoltre il risarcimento dei danni derivanti dalla sostenuta illegittimità degli atti impugnati.
1.3.- Con la sentenza epigrafata il Tribunale amministrativo accoglieva tutti i motivi di ricorso proposti, limitatamente alla domanda di annullamento del permesso di costruire, respingendo invece l’istanza risarcitoria.
2.- Di qui l’appello proposto dai signori Di Carluccio, contrastato da entrambi i ricorrenti in primo grado, costituitisi nel presente giudizio.
2.1.- Con decreto presidenziale (n. 485/2013) è stata dichiarata la perenzione del ricorso ma, a seguito di accoglimento dell’opposizione presentata dalle appellanti (ai sensi degli artt. 85 ed 87 del c.p.a.), il ricorso è stato nuovamente iscritto a ruolo (ord. n. 2787/2014) e posto in decisione alla pubblica udienza del 28 ottobre 2014.
3.- Nel merito, la sentenza gravata ha annullato il permesso di costruzione rilevando la violazione:
- delle norme del PRG (DPGP di Caserta n.1371/1996) regolanti la costruzione di nuovi volumi in misura largamente superiore a quelli preesistenti, per la realizzazione di un deposito non abitabile;
- delle norme locali sulle distanze legali da osservare nella costruzione di balconi e nella sopraelevazione realizzati sul confine tra i due edifici;
- dell’altezza del fabbricato derivante dall’applicazione nel Comune di riferimento delle norme antisismiche (DM 16.1.1996);
- del progetto assentito, dal quale risultano difformi le opere in corso di realizzazione.
4.- Contro l’orientamento espresso dal TAR, l’appello in esame argomenta l’erroneità della sentenza per motivi che possono essere sintetizzati come segue:
- il maggior volume contestato non può dirsi essere stato assentito dalla concessione contestata in quanto esisteva già trattandosi di intervento di ristrutturazione di vecchi volumi e non di nuova costruzione;
- l’ampliamento volumetrico riguarda volumi tecnici che per legge non sono computabili nella volumetria;
- i locali lavanderia sono stati autorizzati su due livelli e rispondono al limite di 50 mc. per i servizi igienici applicato dal permesso impugnato;
- il sottotetto è un locale deposito che va considerato come volume tecnico;
- il PRG permette di non conteggiare i volumi tecnici ;
- le distanze tra i due edifici sono superiori alle minime (di 10 metri prevista dalla normativa di PRG e relativa variante (strumenti approvati tra il 1977 ed il 1996) e di 5 metri dal confine); ma le stesse, in una corretta interpretazione del PRG, possono essere derogate da una sopraelevazione realizzata su edificio posto al confine con l’altro, poiché nella medesima posizione si trova la frontistante costruzione dei ricorrenti Sica, a nulla rilevando che il confine è solo in parte libero da costruzione;
- infine, non sussiste la violazione della normativa antisismica in quanto, in rapporto alla larghezza della strada (9 ml.), devesi tenere conto che il sottotetto è stato assentito in arretrato rispetto al filo stradale.
5.- L’appello proposto contro la decisione è infondato.
5.1.- Nessuna rilevanza ha anzitutto argomentare che l’intervento assentito dalla concessione annullata attiene ad edificio già esistente, trattandosi di intervento di ristrutturazione di vecchi volumi e non di nuova costruzione; la tesi non può trovare accoglimento poichè si tratta di un dato di fatto assolutamente irrilevante al fine di legittimare, sotto il profilo giuridico, incrementi di volume non destinati ad impianti tecnici. Ed invero anche le ristrutturazioni di edifici preesistenti che detti incrementi prevedano debbono essere assentite e realizzarsi secondo le norme che disciplinano la costruzione di volumi tecnici.
5.2.- Il secondo mezzo non scalfisce il dato obiettivo, posto in rilievo dal primo giudice, per cui il permesso ha assentito volumi, quali soffitte, stenditoi e locali di sgombero che, come ha chiarito la giurisprudenza, non possono ritenersi “tecnici”, poiché in tale nozione rientrano solo i volumi destinati agli impianti tecnici strettamente necessari per consentire i servizi indispensabili all’abitazione (riscaldamento, impianti elettrici ed idraulici, ecc). Per la stessa ragione non possono essere accolte le censure che sostengono come in detta categoria possano essere inseriti il sottotetto realizzato ad uso locale deposito ed il locale uso lavanderia.
5.3.- Nessuna corrispondenza alla fattispecie controversa ha, in tema di rispetto della distanza tra i due edifici, l’assunto per cui tale distanza, in una corretta interpretazione del PRG, potrebbe essere derogata da una sopraelevazione realizzata su edificio posto al confine con limitrofo (anch’esso edificato sul confine), a nulla rilevando, secondo la tesi in esame, che una parte del limite sia libero da costruzione. Tale ricostruzione interpretativa trova infatti ostacolo decisivo nella circostanza (risultante in atti) che l’edificio degli appellati non è aderente a quello dell’appellante ma da esso separato, sicchè il contestato volume in sopraelevazione, in quanto successivo a quello confinante, non poteva essere autorizzato in sua aderenza, ma doveva rispettare la distanza indicata dalle norme urbanistiche.
5.4.- L’ultima censura investe il punto della sentenza che ha ritenuto la concessione gravata anche in contrasto con la prescrizione dell’altezza emergente dalla normativa antisismica (punto C2 del DM 16.1.1996) in relazione all’intensità del rischio sismico (nella specie S=9); in contrario si argomenta la legittimità dell’altezza assentita (11 metri) rilevando che, in rapporto alla larghezza della strada (9 ml.), devesi tenere conto che il sottotetto è stato assentito in arretrato rispetto al filo stradale, con conseguente applicazione di limiti inferiori. Anche questo motivo non coglie nel segno. Il punto C3 del DM 16.1.1996, dispone espressamente che limiti di altezza in rapporto alla larghezza della strada operano “fermi restando i limiti fissati nel precedente punto C.2”, precludendo quindi l’applicazione dei limiti in rapporto all’arretramento della costruzione rispetto al fronte stradale.
La censura,pertanto, non è idonea ad elidere l’affermazione del TAR sul contrasto dell’altezza raggiunta dall’edificio rispetto ai limiti sanciti dal predetto Decreto.
6.- Conclusivamente l’appello deve essere respinto.
- Restano assorbiti ulteriori motivi ed eccezioni, che il Collegio non ritiene rilevanti ai fini della presente decisione.
7.- La regolazione delle spese del presente giudizio segue il principio della soccombenza (art. 91 c.p.c).
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione IV), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, respinge l’appello.
Condanna parte appellante al pagamento, in favore dei germani Sica, delle spese del presente grado di giudizio, che liquida, complessivamente in Euro quattromila (4.000), oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 ottobre 2014 con l'intervento dei magistrati:
Goffredo Zaccardi, Presidente
Marzio Branca, Consigliere
Nicola Russo, Consigliere
Raffaele Potenza, Consigliere, Estensore
Andrea Migliozzi, Consigliere
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L'ESTENSORE |
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IL PRESIDENTE |
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 27/01/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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