Condominio può vietare accesso alla colf dall'androne principale? Razzismo?

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Prima consulenza del 2018 dopo diversi mesi in cui per problemi di salute non sono stato presente! Oggi analizzeremo un caso particolare avvenuto a Milano. Cerchermo di capire se un regolamento di condominio può fare una distinzione tra persone e tra attività lavorative svolte per consentire l'accesso dall'entrata principale del condominio.

 

La fattispecie che andiamo ad analizzare si è svolta come detto a Milano, dove in un condominio è stato vietato ad una colf (collaboratrice familiare) straniera di accedere al palazzo dall'ingresso principale, invitandola caldamente ad usare l'accesso secondario (munito di montacarico).

 

Condominio può vietare accesso alla colf dall'androne principale? Razzismo?

 

Ad una prima intervista, visto che il caso ha sollevato il clamore, alcuni condomini hanno affermato che si trattasse di una norma del regolamento condominiale. Innanzitutto va ricordato che:

Nessuna norma convenzionale può essere "contra legem". I valori costituzionali vietano una discriminazione razziale. Allo stesso modo ciò viene vietato dai principi morali e cristiani !

Va fatto comunque un distinguo tra regolamento contrattuale e regolamento assembleare. Il primo prevede l'accoglimento di tali norme all'interno dei singoli contratti e/o l'iscrizione di quest'ultimo presso la conservatoria. Il secondo è una mera delibera assembleare che regolamenta le tipologie di comportamento in condominio. La distinzione è essenziale poichè, sicuramente, il secondo regolamento ha più margini in merito alle restrizioni di libertà dei condomini, quali quelli di servitù, utilizzo degli spazi comuni ecc... In tal senso va ricordato come un regolamento contrattuale viene di fatto accettato dal singolo proprietario "ab origine" ed è vincolante per il singolo condomino. Anche quello assembleare è vincolante, ma non può limitare i diritti reali dei singoli condomini.

Ecco, dunque, la parolina magica! Diritti reali ! Perchè un regolamento contrattuale può solo incidere sui diritti di natura reale, avente ad oggetto la "res" e non può andare oltre. Ad esempio può imporre una limitazione sull'uso dei balconi ma non può imporre la tipologia di arredamento all'interno della casa.

 

Se un regolamento vieta accesso a talune persone è razzismo?

 

Posto, dunque, che qualunque sia la tipologia di regolamento (contrattuale o assembleare) esso non può incidere oltre determinati limiti, cerchiamo di capire, come vada interpretata tale norma, se presente nel regolamento. Essa non avrà alcun valore, per il richiamo sopra detto che pur se norma contrattuale non può essere "contra legem"; allo stesso modo ed ancor di più per il regolamento assembleare.

Ma una tale norma può essere inquadrata come atto di razzismo? Oppure il condominio può, in una cornice di legalità, imporre uno specifico accesso secondario a certi soggetti? In tal senso ci soccorrono in aiuto le norme che regolano la vita in condominio:

Quando in un edificio il numero dei condomini è superiore a dieci, deve essere formato un regolamento , il quale contenga le norme circa l'uso delle cose comuni e la ripartizione delle spese, secondo i diritti e gli obblighi spettanti a ciascun condomino, nonché le norme per la tutela del decoro dell'edificio e quelle relative all'amministrazione (art. 1138 cod. civ.)

Il regolamento di condominio, qualsiasi sia la sua natura, può senz'altro regolare la vita condominiale e perciò anche l'accesso condominiale. Tale distinzione però deve nascere da una reale esigenza oggettiva, che abbia i caratteri di uguaglianza e di necessità.

Uguaglianza nel senso di applicazione uniforme a qualsiasi soggetto che rientra nella casistica specificata.

Necessità, cioè che alla base vi sia una causa materiale di impedimento o di tutela del bene comune.

Ad esempio sarebbe ammissibile una norma che prevedesse un obbligo di passaggio al secondo accesso se vi fossero dei lavori nel primo accesso. Oppure un obbligo di accesso di carico, scarico di merci pesanti se il secondo accesso è provvisto di un montacarichi.

A tal proposito vanno comunque ricordate le norme che regolamentano l'uso delle parti comuni da parte dei condomini (art.1102) in relazione anche alle norme sulla comunione dei beni e la norma 1130 cod.civ. che incarica l'Amministratore di condominio di tutelare le parti comuni.

 

 

Consuetudine in condominio può vietare accesso a certe persone?

 

Ad una seconda intervista, uno dei consiglieri in condominio ha chiarito che in realtà non esisteva alcuna norma del regolamento di condominio che prevedesse ciò ma che era una mera consuetudine. Osservata da tutti e quindi senza necessità di essere palesata per iscritto.

In tal senso sento di dover approfondire questa impostazione. Ritengo, infatti, che quanto affermato dal consigliere sia al limite dell'eversione. Bisogna, capire, infatti, il ruolo che la consuetudine ha nel nostro ordinamento.

La consuetudine rientra tra le fonti normative del nostro stato. Viene riconosciuta tale valenza per la forza propulsiva che nel periodo medievale ebbe prima della nascita delle codificazioni moderne. Si distingue in consuetudine "secundam legem", "praeter legem" e "contra legem".

Per capire meglio, cercherò di fare un semplice esempio:

Una consuetudine per essere tale deve essere riconosciuta a livello generale. Se io ed alcune persone abbiamo posto di sederci sempre e solo al centro di una specifica piazza, ciò non sarà una consuetudine ma una mera abitudine. Diviene una consuetudine, se e solo se, con il tempo qualsiasi persona, senza nessuna distinzione, decida spontaneamente di sedersi al centro di quella piazza.

Questa consuetudine sarà valida, se e solo se, non sia contraria alla legge e se disciplina una fattispecie non regolata dalla legge. Infatti, esistono consuetudini "secundum legem" cioè che seguono l'inidirizzo normativo ma se è già esistente una norma che regolamenta quella fattispecie, sarà la norma a prevalere sulla consuetudine.

 

Regolamento e consuetudine, quale il vero limite alla libertà personale?:

 

Chiarito, quindi, cosa sia il regolamento e cosa sia la consuetudine, ritorno al caso specifico che stiamo affrontando. Il condominio non potrà usare come scusante l'esistenza di una consuetudine tra i condomini, in quanto tale imposizione è una mera abitudine, priva di valore coercitivo.

Su tale punto la giurisprudenza è alquanto chiara. La consuetudine deve essere riconosciuta. Infatti, ad esempio esistono norme consuetudinarie richiamate dalle Camere di Commercio. Tali organi accertano l'uso della consuetudine e ciò ha una grossa valenza, poichè le Camere di Commercio non possono accertare "usi" contrari alla legge.

 

Conclusioni sul potere effettivo del regolamento o delle consuetudini in ambito condominiale:

 

Possiamo dunque affermare che una divieto di accesso, ad una colf "collaboratrice familiare" italiana o straniera, è privo di qualsiasi fondamento normativo.

È invece ammissibile un accesso secondario per certe tipologie di attività che possano arrecare un patimento al bene comune (es: usare l'ascensore principale per carico/scarico merci pesanti). In questo caso se è disponibile un "montacarichi" potrà essere presente l'obbligo per specifici soggetti (es: vettori, postini ecc) di utilizzare tale accesso. Alla base deve però esistere una norma regolamentare (assembleare o contrattuale) basata sull'oggettività e necessità.

Per chiare, il postino che porta una raccomandata potrà usare l'accesso normale. Lo stesso postino che dovesse portare una lavatrice, passerà dal carico merci. Una colf, italiana o straniera, potrà dunque accedere dall'accesso principale. In quanto una norma del regolamento o una consuetudine che lo vietasse sarebbe "contra legem" e quindi priva di qualsiasi valore giuridico. Anche in questo caso si ritorna all'esempio del postino.

Se la collaboratrice domestica porta su la spesa, potrà senz'altro usare l'ascensore principale. Se invece porta una lavatrice accederà tramite il montacarichi, accesso secondario. La medesima "ratio" andrà applicata per qualunque condomino e per qualunque persona. Un amico che mi porta su una lavatrice dovrà passare dall'accesso secondario.

Come richiamato prima, l'articolo 1102 cod. civ. consente l'uso dei beni comuni a tutti i condomini a patto che non vi sia un alterazione della destinazione od un impedimento agli altri condomini. La norma che imponesse l'uso del montacarichi per scarico/carico merci trova la sua "ratio" nella tutela del bene comune, cioè quello di evitare un eccessivo utilizzo per un ascensore adatto alle persone.

 

È legale che il proprietario obblighi affittuario di far usare l'accesso secondario del condominio alla colf?

 

Ultima cosa da sottolineare è che tale affermazione non muta se ci troviamo dinanzi ad un affittuario e non dinanzi al proprietario. Posto che come abbiamo detto non può esistere una norma regolamentare di tal genere. Ne tantomeno una consuetudine!

Ma se per ipotesi un proprietario imponesse al proprio affittuario di tenere questo comportamento, tale imposizione non avrebbe alcun valore giuridico. Ed anzi l'affittuario potrebbe agire contro il proprietario reo di voler incidere sulla libertà personale dell'affittuario. Quest'ultimo, infatti, può assumere chiunque voglia e può senz'altro opporsi ad una consuetudine priva di valore giuridico e legale!

In conclusione come nella maggior parte dei casi della vita basta solo buon senso, onestà e rettitudine ai valori morali ed etici.

 

 

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Comments:

Commenti   

0 #1 UniMondo 2018-06-12 10:31
Complimentiotti ma consulenza.
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